I Governanti Normanni
Quando la gente pensa alla Sicilia, raramente riesce a pensarla come il cuore di un regno. La Sicilia è spesso considerata semplicemente una parte dell’Italia, il che porta la sua storia ricca, unica e multiculturale a cadere nel dimenticatoio. La Sicilia fu in realtà il centro di formazione del Regno normanno ed un focolare multiculturale tra gli anni 1000 e 1100. Questo regno avrebbe giocato un ruolo maggiore nelle Crociate e nelle molte battaglie che presero piede nello stesso periodo. Cosa più importante però. questo regno si sarebbe, attraverso l’operato dei suoi molti grandi governanti, affermato come uno stato che avrebbe cambiato il corso della storia mediterranea ed europea per i secoli a venire. I governanti del regno normanno di Sicilia come Ruggero I, Ruggero II, Re Tancredi e tutti gli altri giocarono un importante ruolo nella politica mondiale in corso in quel momento storico. Iniziando da Tancredi d’Altavilla e dai suoi dodici figli, vedremo come ogni decisione, ogni azione, ogni mossa compiuta da queste figure li condusse a creare un regno che avrebbe rivaleggiato quello di Francia e l’Impero Bizantino. Inoltre, la dinastia creata da grandi personaggi come Ruggero II definì per anni la direzione della storia siciliana e per questo dovrebbe risultare noto che la Sicilia non sia solo una nota a piè di pagina nella storia. Alla fine di questo saggio è nostra speranza che il valore storico del Regno Normanno di Sicilia sia portato in luce e che i suoi lettori abbiano una nuova considerazione della storia della Sicilia e della storia in generale.
Tancredi e i suoi figli
di Richard DeVivo
Le conquiste della Sicilia per mano della Casa Normanna degli Altavilla avvennero sia per scarsità che per ambizione personale. Si trattava di una famiglia di umili origini. Secondo la tradizione, la Casa d’Altavilla, un tempo minore, risaliva dalla stirpe del norvegese Hallt, che aveva fondato un insediamento degli Altavilla nella penisola di Cotentin in Normandia. Controllavano un territorio molto piccolo e detenevano una influenza davvero modesta. Quando Tancredi d’Altavilla ascese al potere, era solo un insignificante signore. Per questo motivo si sa molto poco sulla sua figura. Ciò che si sa è che Tancredi ebbe dodici figli e molte figlie dalle sue due mogli.1 Tancredi non possedeva nient’altro che il suo misero territorio ed una famiglia affamata. Era una situazione destinata a deludere i suoi numerosi figli, che cercavano di ereditare le proprietà paterne. Eppure le umili origini avrebbero spinto la Casa d’Altavilla alla grandezza. I figli più giovani di Tancredi sapevano che avrebbero ricevuto poco o nulla in eredità e dunque si recarono nell’Italia meridionale per ottenere la loro fortuna, per non finire squattrinati e senza gloria. In ossequio alle tradizioni e al patrimonio militare normanno, i figli di Tancredi si sarebbero fatti strada nel mondo come soldati di ventura per grandi potenze e alla fine sarebbero diventati conquistatori delle loro terre. 2 I figli della Casa d’Altavilla si avventurarono, combatterono e lottarono per la loro “eredità”. Così, l’eredità di Tancredi è legata ai trionfi dei suoi numerosi ed ambiziosi discendenti.
Roberto il Guiscardo
di Taelor Myrie
Nel 1046 Roberto il Guiscardo lasciò la Francia, iniziando il suo viaggio verso l’Italia meridionale. Il figlio di Tancredi d’Altavilla intraprese un viaggio in Italia per cercare ciò che suo padre non poteva dargli: terra, gloria e ricchezze. Quando montò il suo cavallo in Normandia e mise gli occhi sulla penisola italiana, Roberto non immaginava affatto che sarebbe più avanti diventato il Duca di Puglia e Calabria. controllando il sud Italia e, infine, la Sicilia. Prima del suo arrivo, suo fratello maggiore Guglielmo fu nominato collettivamente primo condottiero dei Normanni nel sud Italia, succeduto come Conte di Puglia a suo fratello Drogone, alla morte di questo.3 Drogone era pronto a trattare suo fratello minore, Roberto, come un cavaliere, ma riluttante a concedergli i suoi territori.4 Guiscardo divenne conte di Puglia e Calabria nel 1057, alla morte di suo fratello minore Umfredo.5 Il suo governo fu segnato da molte battaglie militari, ma i più noti dei suoi screzi furono quelli frequenti tra lui e il papa. Nel 1059 fu firmato il Trattato di Melfi, con i normanni che impegnarono il loro sostegno finanziario e militare al papato e giurarono di non invadere la terra papale in cambio del riconoscimento da parte del Papa, Roberto il Guiscardo fu elevato da Conte di Puglia e Calabria a Duca di Puglia, Calabria e Sicilia, ancora da conquistare.6 Non vi fu mai un momento in cui Roberto si crogiolò semplicemente nella gloria del suo successo; egli era costantemente impegnato negli sforzi per preservare i suoi guadagni ed espandersi verso nuovi territori. Risulta evidente che nonostante fosse molto orgoglioso dei suoi successi, non fu mai pienamente soddisfatto. Nel maggio 1061, dopo la sua campagna di primavera in Puglia, Melfi e nella riconquista di Brindisi e Oria, riuscì a mandare un cospicuo numero di uomini in Sicilia per aiutare i suoi fratelli nella battaglia già in corso contro la popolazione musulmana, precedente al loro arrivo.7 Afflitto dall’influenza greca, che cercava così disperatamente di sradicare da quella terra, Roberto non vide realizzarsi il suo ideale di società “normanna”. Gli insediamenti greci esistevano in tutta l’Italia meridionale ed in Calabria. La loro resistenza al governo e alla leadership del duca scatenò battaglie con frotte di uomini, assediando queste aree fin quando la loro ribellione non fu domata. Seguendo i desideri del papa di riconquistare la Sicilia e trascorrendo innumerevoli anni a reprimere le ribellioni longobarde e bizantine, il suo dominio rimase forte. Tuttavia era a corto di uomini. Guiscardo lasciò le rive della Sicilia nel 1072 per l’ultima volta; non ritornò mai a causa degli obblighi e delle sfide che affrontò nel resto d’Italia.8 Il Duca di Puglia e Calabria era motivato e guidato dal successo ed aveva sete di acquisizione territoriale e potere. La sua eredità è quella di un uomo che ha fatto ciò che voleva nell’interesse del consolidamento e della crescita del potere. Fece affidamento su suo fratello e su coloro di cui lui si fidava e, sebbene fosse un devoto cattolico, non ebbe timore di assurgere a rappresentante in terra del suo dio.
Ruggero I
di Taelor Myrie
Ruggero I venne alla ribalta sotto l’ala di Roberto ed è meglio ricordato per il suolo che giocò nell’espansione del ducato di suo fratello, per la sua abilità nel formulare ed eseguire piani strategici, per la sua politica di tolleranza nei confronti delle genti dei territori conquistati. Seguendo le orme dei suoi vittoriosi fratelli Guglielmo e Roberto, un giovane Ruggero I cominciò il suo viaggio verso il sud Italia in cerca di ricchezze e potere. Roberto riponeva fiducia nel suo fratello minore e lo arruolò per servire nelle conquiste militari, iniziando una guerra per l’espansione e la prosperità del ducato. Sebbene i suoi primi successi siano molti, la lotta più significativa e documentata che intraprese fu la campagna trentennale per liberare l’isola siciliana da i suoi tre leader musulmani. Mentre il conflitto tra Chiesa e Normanni continuava nel corso della loro lunga storia, era nel migliore interesse delle due fazioni porre fine al governo musulmano sull’isola. I Saraceni e i Longobardi fiancheggiarono Ruggero in una conquista che fu brutale nell’esecuzione, nonostante le numerose sconfitte.9 La loro strategia includeva il mettere alle strette i Musulmani e bruciare colture ed edifici mentre avanzavano. Stavano giocando una lunga partita, aspettando di attaccare in momenti di vulnerabilità. Anche se nel complesso fu un successo, non ci sarebbe stato bisogno di sforzi durati 30 anni per conquistare la Sicilia, se Ruggero avesse avuto sufficiente manodopera disponibile. Il suo interesse rimase la Sicilia, mentre scoppiavano battaglie sulla terraferma, attirando la sua attenzione verso l’assistenza del fratello per lunghi periodi di tempo. Con la sua piena attenzione, le sue abili strategie ed una forza robusta capace di eseguire i suoi piani, i leader musulmani sarebbero probabilmente stati sconfitti molto prima.
Come conte di Sicilia, titolo concessogli da Roberto il Guiscardo per il suo coinvolgimento nella riconquista della Sicilia, Ruggero I comprese la necessità di mantenere ordine tra i suoi nuovi sudditi. Intraprendendo una costosa, letale e lunga guerra di 30 anni significò garantire le libertà fondamentali, considerando che Arabi, Berberi e Bizantini avrebbero potuto organizzare una rivolta per reclamare il potere. Sotto il suo governo, la Sicilia ebbe bisogno di costante protezione per impedire ai nemici appena sconfitti di ribellarsi. Una continua presenza necessaria per proteggere effettivamente l’isola fu finanziata dai residenti in forma di tasse. Per mitigare pensieri di risentimento e mantenere la pace, Ruggero I permise la pratica dell’Ortodossia orientale e dell’Islam. 10 I luoghi di culto vennero mantenuti e Ruggero I rese evidente la sua ricerca della conoscenza ed il suo fascino per le culture. Acconsentì alla continuazione dell’influenza musulmana nel diritto. L’arabo rimase la lingua ufficiale dello stato (accanto al normanno francese e al greco) e mantenne emiri regionali nei loro incarichi, assicurando una presenza dell’islam nei tribunali e preservando la pratica, l’esecuzione, le usanze degli ideali islamici nel suo dominio.11 Il suo governo in Sicilia può essere considerato un governo di accettazione, tolleranza e fu evidente che volesse favorire un contesto in cui genti di tutte le culture potessero convivere pacificamente. La sua intenzione era di creare una società che fosse miscelata, con persone che beneficiassero le une delle altre. Se questi ideali fossero sostenuti unicamente per il mantenimento di una società pacifica e mista e dall’amore e dell’ammirazione per le altre culture, è un discorso dibattuto. Quello che è certo è che Ruggero I lasciò il segno sulla Sicilia e sul ducato di cui questa era parte, costituendo un precedente per una società italiana meridionale integrata.
Ruggero II
Introduzione
di Alicya Garrido
Per comprendere tutto ciò che Ruggero II fece durante il suo regno, occorre capire come gli storici descrivono la sua effettività come sovrano. Dalla decisione di identificarsi come antipapa, alla sua insensibilità per la repressione di coloro che si opponevano all’autorità, è chiaro che Ruggero II potesse essere calcolatore e crudele. Ciò nonostante, molte fonti illustrano un lato differente registrando la sua abilità nell’essere magnanimo verso coloro che si sottomettevano al suo governo e gli offrivano fedeltà.
Per cominciare a comprendere la complessità di Ruggero II, è d’obbligo focalizzarsi sulla terra in cui stabilì la sua autorità. Il nuovo regno che emerse fu un regno poliglotta, incarnando un mix di differenti popoli, culture ed anche religioni.12 L’Italia meridionale era composta principalmente da ‘Longobardi’, discendenti degli invasori germanici della fine del VI secolo. I Longobardi delle regioni meridionali erano diversi dalle loro controparti settentrionali, i quali vivevano secondo i codici legali tradizionali dei re altomedievali ed affermavano la loro identità. Ciò nonostante, fu la lealtà alla Chiesa di Roma a cementare insieme le due regioni. Nella regione siciliana, conquistata dagli Arabi nel nono secolo, molti popoli si erano convertiti all’Islam nel corso dei successivi due secoli, ma rimaneva una sostanziale minoranza cristiana, specialmente nella regione nordorientale dell’isola, che era in gran parte grecofona e osservava i riti della Chiesa ortodossa di Costantinopoli, così come facevano le loro controparti greche nel resto d’Italia. 13 La tolleranza religiosa rappresentava anche una strategia politica e Ruggero fu tollerante con i suoi sudditi non cristiani.
La relazione tra Ruggero II e la Chiesa era spesso conflittuale. Ruggero I si era assicurato l’importante facoltà di nominare ecclesiastici di alto rango in Sicilia. Questo fu un potere che sarebbe stato contestato durante il regno di Ruggero II. La sua relazione col papato divenne sempre più complicata in quanto quest’ultimo sostenne alcuni dei nemici del re durante un periodo di scisma papale. Dopo la morte di Papa Onorio II una divisione all’interno del collegio dei cardinali condusse ad una controversa elezione papale durante la quale furono scelti due papi rivali: Innocenzo II (favorito dai più giovani o dai cardinali di nuova nomina - la maggioranza dei quali provenivano da fuori la penisola italiana - guidato dal cancelliere pontificio Aimerico) ed Anacleto II (supportato dai cardinali più anziani dell’area attorno a Roma e del sud della penisola, molti dei quali credevano che Aimerico stesse tentando di dirottare l’elezione, inclusi la maggior parte degli anziani e i membri più esperti del collegio così come quelli del Lazio e del sud Italia.14 Ruggero si schierò, insieme al suo stato, con Anacleto. La sua decisione contribuì a promuovere un contesto politico instabile, creando due campi opposti in Europa.
[Continuato da Robert Macaluso]
Per tutto il suo regno Ruggero lavorò per promuovere l’autorità e la legittimazione agli occhi dei suoi sudditi e di coloro che gli stavano intorno. Uno dei modi in cui all’inizio lo fece fu la scelta della sua prima moglie. Decise di unirsi alla dinastia spagnola Jiménez poiché la famiglia aveva già una linea consolidata che era influente e potente. Legarsi all’eredità di Alfonso VI avrebbe aiutato Ruggero II ad ottenere la legittimazione politica di cui aveva bisogno in modo tale da diventare una figura prominente sia nelle politiche del Mediterraneo che in quelle dell’Europa occidentale. Alfonso VI di León-Castiglia era un regnante molto potente e incuteva rispetto in tutta Europa. Ruggero sapeva che un’alleanza matrimoniale con la sua famiglia avrebbe potuto garantirgli il rispetto di cui necessitava affinché il suo regno potesse essere considerato un serio attore nella politica europea. Questa è probabilmente la prima motivazione dietro al suo matrimonio con la figlia di Alfonso, Elvira. Sebbene gli Altavilla in Sicilia non sembrassero avere alcun interesse per la Spagna, essi avrebbero potuto trarre beneficio dall’unione con il prestigio di Alfonso e dei suoi predecessori.15 Un altro aspetto del governo di Alfonso che indusse Ruggero II a legarsi a lui, oltre alla repressione di coloro che consideravano Ruggero un sovrano illegittimo, era la sua dominazione sui governanti musulmani, che costituiva una peculiarità del suo regno. Dato che Ruggero aveva avuto delle tensioni con i governanti musulamani, ciò costituì una ulteriore ragione per rispettare Alfonso e rese l’eredità di questi più attraente agli occhi dei Normanni. Ruggero sposò Elvira poiché suo padre aveva sottomesso con successo numerosi governanti musulmani al suo dominio mentre espandeva la sua portata politica in un’intera regione d’Europa.16 Ruggero II sapeva che lui e suo padre desideravano desideravano che il loro regno fosse preso sul serio in tutto il mondo conosciuto. Essi desideravano anche che le opposizioni al loro regno fossero placate una volta per tutte. Piuttosto che la violenza, Ruggero II sapeva che il modo meno cruento e più efficace per risolvere questo problema fosse legare il regno ad una dinastia consolidata, che per lui si rivelò essere la dinastia Jiménez.
[Continuato da Richard DeVivo]
Ruggero II è descritto dagli studiosi come un governante tra oriente e occidente, probabilmente a causa di quanto fosse eclettica la sua corte e la sua amministrazione. C’è di più nell’uomo al di là della corte multiculturale che mise in piedi. Come primo regnante normanno di Sicilia nato in Italia e non nelle coste della Normandia, era stato allevato in modo diverso grazie agli sforzi di sua madre. Con l’ausilio di tutor greci, arabi e latini, Ruggero fu conoscitore di molte culture del suo regno e trasse forza da esse. Pur rimanendo un normanno nel cuore, riuscì a diventare un uomo tra oriente ed occidente. Situata tra l’occidente latino, l’oriente bizantino e il sud islamico, la Sicilia fu il crocevia del mondo medievale. Consapevole della sua vantaggiosa posizione, Ruggero II e i suoi amministratori furono in grado di sfruttare ciò a proprio vantaggio. Realizzando di trovarsi ad un crocevia, egli cercò di adattarsi, o per lo meno di accogliere, elementi di tutte e tre le culture. La fame di potere di Ruggero si intrecciò con la consapevolezza della diversità del suo regno, consentendo a lui e alla sua corte di pilotare il reame verso una breve ma prospera era di multiculturalismo. .17 Ereditando l’amministrazione territoriale degli Arabi di Sicilia, importando burocrati e cortigiani dall’Impero Bizantino, ed attirando esperti dei vari mestieri da tutta Europa, Ruggero II riuscì a costruire una corte che promosse l’arte, la pace tra la Gente del Libro, un’economia forte, un’efficiente burocrazia pur conservando la tradizione militare normanna.
Ruggero II riempì la sua corte di importanti figure come il famoso statista Giorgio d’Antiochia, un ministro di origine siriana che aiutò Ruggero II sia a corte che nelle sue conquiste in Africa settentrionale, ottenendo alla fine il prestigioso titolo di emiro degli emiri. Mentre assegnava titoli di ispirazione musulmana, tenne anche a corte importanti intellettuali musulmani per aiutarlo a migliorare il suo regno e a gestirlo. Per un po’ la burocrazia interna di Ruggero fu superficialmente di natura bizantina e la carne e le ossa dell’amministrazione furono basate sui sistemi di governo dell’Egitto fatimide islamico. 18 Uno di questi nobili musulmani degni di nota tra i poeti, gli studiosi, gli architetti ed anche gli scienziati all’interno della corte di Ruggero fu Muhammad al-Idrisi, noto geografo e cartografo del tempo. Egli è ricordato per la creazione di una delle mappe del mondo medievale più avanzate e per le descrizioni del mondo nel suo Libro di Ruggero, che portò a compimento nel 1154.19 Grazie alla sua educazione diversificata e multiculturale sotto tutori greci e arabi, Ruggero II nutriva ammirazione per le belle arti e l’alta cultura era in grado di produrre. L’armonia tra l’intellettualismo arabo, lo splendore e l’amministrazione bizantini, la devozione latina è visibile nelle cattedrali uniche che Ruggero ordinò di costruire come testimonianze della mescolanza culturale che caratterizzava la Sicilia. Ciascuna combinava l’architettura araba, greca e normanna. 20 Mentre Ruggero II è stato descritto come avaro quando si trattava di denaro, egli è raramente descritto come se guardasse dall’alto in basso le belle creazioni dei suoi cortigiani e sudditi, indipendentemente dal loro background. In verità, Ruggero II presidette e contribuì a promuovere un’età dell’oro multiculturale nel regno che lui e i suoi antenati avevano costruito.
L’età dell’oro di un regno spesso dura solo quanto il regno del suo re più forte, e la Sicilia controllata dai Normanni non fece eccezione. Sebbene i governanti dopo Ruggero II riuscissero a mantenere aspetti del regno del loro capostipite, nessuno di loro riuscì a bilanciare pienamente e a guidare il diversificato regno tra pace e crisi così come fece Ruggero. I governanti che gli succedettero non furono in grado di continuare la serie di successi, consolidamenti e guadagni territoriali ottenuti da Ruggero II, ognuno dei loro regni è caratterizzato da diverse forme di crisi o instabilità. Il regno della Casa d’Altavilla non si distrusse né scomparve velocemente dopo la morte di Ruggero, questo era al suo apice durante la sua vita. Dopo aver raggiunto il suo apice culturale, economico e militare, il regno e i suoi governanti potevano solo declinare in qualità rispetto a Ruggero II, anche se in modo graduale e non lineare.
[Continuato da Alicya Garrido]
Mentre Ruggero II faceva del suo meglio per stabilire una solida base politica, la sicurezza del regno non era assicurata. Anche il figlio di Ruggero II, Guglielmo I, soppresse le ribellioni dei suoi nemici e si oppose al papato. Agli inizi della sua vita politica, Guglielmo I incontrò resistenza quando suo padre lo incoronò come successivo re di Sicilia nel 1151. La decisione fu presa senza l’autorizzazione papale ed interpretata da alcuni come una violazione dell’autorità papale.21 Il papato si schierò accanto ai leader germanici e cercò in loro un supporto militare, i leader germanici rappresentavano alleanze più favorevoli per il papato anche se l’Imperatore del Sacro Romano Impero, Federico Barbarossa, non aveva alcun interesse a scontrarsi con il regno siciliano.
A causa dei molti nemici che suo padre aveva esiliato durante il suo regno, Guglielmo I concluse numerosi trattati. I nobili esiliati rappresentarono un problema significativo e nel 1155-6, insieme al papato, il Sacro Romano Impero e l’Impero Bizantino, tentarono di rimuovere il re dal suo trono.22 Sebbene i Bizantini si dimostrassero dei degni avversari, Guglielmo I dimostrò la sua abilità militare e sconfisse le forze navali bizantine a Brindisi nel 1156. Forse la ribellione più importante durante il suo governo, tuttavia, fu guidata alcuni anni più tardi da Matteo Bonnello, un nobile siciliano. Infatti, Matteo incoraggiò molti dei baroni siciliani a rifiutare l’autorità di Guglielmo I e uccise Maio di Bari, il primo ministro del re, nel 1160. Matteo fu implacabile nei suoi sforzi, ma la cospirazione per rovesciare Guglielmo alla fine fallì.
[Continuato da Richard DeVivo]
Il regno di Guglielmo II, conosciuto a seguito della sua morte come Guglielmo “Il Buono”, si caratterizzò per isolamento, iniziative militari poco brillanti, diplomatica e pace all’interno della Sicilia, dopo il caotico regno di suo padre, Guglielmo I. Gli studiosi credono che il soprannome attribuito a Guglielmo II non indichi il suo essere “buono” come re, ma piuttosto per il fatto che i problemi e la ribellione che afflissero la corte siciliana durante il regno di suo padre cessarono sotto il suo governo.23 Il popolo era soddisfatto di vivere in un regno in pace, malgrado il suo re non fosse eccezionale nel carattere e privo di trionfi militari. Se fosse stato incoronato in un momento più tumultuoso, sarebbe diventato un sovrano povero. Invece, Guglielmo Il Buono riuscì a guidare la Sicilia in un periodo di pace, un periodo che non sarebbe durato dopo l’ascesa del suo successore, Tancredi, a causa di un errore di definizione nel suo regno.
Ricordato come un recluso amante del piacere che raramente lasciava la sua corte di Palermo, è sorprendente che il regno di Guglielmo fosse caratterizzato da una politica estera ambiziosa e di vasta portata. Lui e la sua corte riuscirono ad assicurarsi il favore papale, stringendo rapporti più stretti con il papato. All’epoca anche il regno di Sicilia collaborava segretamente con la lega lombarda. Tutti questi potenti legami permisero a Guglielmo ed ai suoi alleati di resistere all’invasione militare dell’Imperatore del Sacro Romano Impero, Federico Barbarossa.24 Guglielmo II si impegnò, inoltre, in alleanze matrimoniali e patti con varie potenze europee. I cortigiani di Guglielmo tentarono di assicurarsi un’alleanza bizantina attraverso il matrimonio con una principessa, ma questo fallì, portando ad un’ulteriore rottura delle relazioni estere. Alla fine Guglielmo sposò Giovanna d’Inghilterra, la figlia di re Enrico II. Ciò cementò l’importante posizione politica di Guglielmo. Quando venne il momento di porre fine al conflitto con i germanici e di firmare il Trattato di Venezia nel 1177, egli mandò una delegazione al suo posto, ancora una volta decidendo di non lasciare il palazzo di Palermo.25 Grazie a ciò che potrebbe essere descritto come un’eccessiva indulgenza nella delega, egli riuscì a garantire la pace con i germanici e ad acquisire prestigio agli occhi delle altre potenze. Sfortunatamente, tuttavia, il suo sarebbe stato un matrimonio infruttuoso che avrebbe definito la sua eredità storica.
La carriera militare di Guglielmo II potrebbe essere descritta come ambiziosa negli intenti, ma inconcludente nei suoi guadagni. Guglielmo mantenne la vestigia dell’ambizione e della tradizione militare e tentò di far rivivere il trionfo normanno, tuttavia non riuscì a riconquistare i territori africani che suo padre aveva perso. Quando la riconquista dell’Africa fallì, reindirizzò le sue energie verso l’Egitto ayyubide, cercando di razziare, saccheggiare ed attaccare le linee di rifornimento di Saladino, potente sultano d’Egitto e grave minaccia per gli stati crociati latini. Anche questo non fu un successo. Quando gli uomini di Guglielmo sbarcarono ad Alessandria d'Egitto, controllata dagli Ayyubidi, le forze di Saladino fecero retromarcia e li raggiunsero. Di fronte ad un grave svantaggio sia nei numeri che nel posizionamento, i Normanni arretrarono disordinatamente verso il mare.26 Ma le truppe guidate dai Normanni non avrebbero ancora fatto ritorno a casa. Cercando di salvare la spedizione, Guglielmo rivolse la sua forza verso l’Impero Bizantino, che si trovava in uno stato di disordine. Guglielmo vide un successo iniziale in mezzo al caos che l’impero stava vivendo, prendendo Durazzo e Tessalonica sotto assedio e catturando molti abitanti delle isole ioniche. Le fonti suggeriscono che i siciliani condussero attacchi combinati utilizzando il loro esercito e la loro marina in operazioni congiunte per sconfiggere e saccheggiare paesi e città che venivano assaliti. Sfruttando questo vantaggio iniziale per marciare sulla capitale Costantinopoli, il successo di Guglielmo fu spazzato via quando il suo esercito fu assalito da quello imperiale bizantino mentre era in marcia e schiacciato sul fiume Strimone. Guglielmo chiese pace e rinunciò a tutti i territori conquistati, andandosene a mani vuote. Guglielmo pianificò di continuare a combattere contro Saldino insieme ai crociati, tuttavia sarebbe stato messo in ombra dalle azioni del suo geniale comandante navale Margarito.27 Complessivamente, Guglielmo II ebbe una carriera militare povera di successi, caratterizzata da sconfitte, ma la scintilla dell’ambizione normanna fu sempre presente, come testimoniano i suoi arditi attacchi ai Bizantini.
Nonostante sia vista come un’età d’oro relativamente pacifica, il regno di Guglielmo è segnato dalla crisi di successione che si manifestò alla sua morte. Nonostante avesse stabilito una solida unione politica attraverso il matrimonio con la principessa Giovanna d’Inghilterra, essi non ebbero figli. L’unico erede maschio idoneo al trono era Enrico, Principe di Capua, il più giovane figlio in vita di Guglielmo I e fratello del re.28 Quando questi morì nel 1172 si aprì una grave crisi per la successione. C’era un altra Altavilla che vantava una pretesa legittima al trono, ma ella era invischiata sia in profezie infauste che in condizionamenti politici. Si trattava di Costanza d’Altavilla, figlia postuma di Ruggero II e della sua terza moglie. Nonostante fosse diventata l’erede designata di Guglielmo Il Buono, era stata confinata in un monastero per gran parte della sua vita, poiché si prevedeva che un suo matrimonio avrebbe distrutto la Sicilia. Questa reputazione negativa e queste superstizioni intorno a Costanza erano probabilmente il risultato di una combinazione di fervore religioso, di una corte maschile e della pausa del dominio germanico in Sicilia. In realtà il suo matrimonio non avrebbe “distrutto” la Sicilia, la sua unione con un imperatore germanico avrebbe successivamente contribuito alla guerra civile, alla perdita del controllo normanno sulla Sicilia e all’assorbimento della Casata degli Altavilla nella Casata degli Hohenstaufen.29 Guglielmo II mostrò scarso interesse nell’annullamento del suo infruttuoso matrimonio con Giovanna d’Inghilterra e mostrò ancor meno interesse nell’assicurare uno stabile passaggio di potere nelle mani di un erede ben voluto al momento della sua morte. Mentre il suo regno possa essere ricordato come pacifico, le azioni, o forse la mancanza di misure per la garanzia di una pacifica transizione del potere, macchiano per sempre il suo governo prevalentemente adeguato.
[Continuato da Robert Macaluso]
Dopo la morte di Guglielmo II, che morì senza generare un erede, il regno attraversò un periodo di grande agitazione. L’unico parente legittimo in vita di Guglielmo era sua zia Costanza, figlia di Ruggero II, moglie di Enrico VI, all’epoca imperatore di Germania. Tuttavia, l’idea che Costanza succedesse alla morte di Guglielmo II non era accettabile per molti siciliani poiché si temeva che l’impero di suo marito avrebbe compromesso l’indipendenza del regno. La soluzione popolare sembrava preferire Tancredi per la rivendica del trono, conte di Lecce, figlio del figlio maggiore di Ruggero II. Sebbene nato illegittimo, la sua capacità militare di sopprimere coloro che gli si fossero opposti rafforzò la sua pretesa politica e la pretesa al trono.
Tancredi era il figlio illegittimo di Ruggero III, duca di Puglia, nipote di Ruggero II, re di Sicilia. Anni prima, durante il regno del padre di Guglielmo II, Guglielmo I, Tancredi si era unito in una insurrezione, nel 1155, nel tentativo di strappare il trono a suo zio; questo tentativo fu fallimentare ed egli fu imprigionato per cinque anni. Fu poi rilasciato, partecipò ad un altro colpo che fallì nel 1161 e poi andò in esilio. Tredici anni più tardi Guglielmo II concesse il perdono a Tancredi per la sua slealtà e lo mise al comando di una flotta di spedizione siciliana contro Alessandria. Quasi alla fine del suo regno, Guglielmo II, non avendo eredi, liberò sua zia Costanza dal monastero e approvò il suo matrimonio con Re Enrico VI dei Romani, per evitare che suo cugino Tancredi diventasse Re di Sicilia dopo la sua morte. Costanza aveva il sostegno dei baroni feudali ma popolo e papato supportavano la pretesa di Tancredi al trono di Sicilia. Poiché Costanza fosse inaccettabile per molti, il popolo siciliano si chiedeva chi potesse essere re. Tancredi, conte di Lecce e justiciarus magister, era il capo ufficiale della terraferma, conosciuto sia come soldato che come amministratore. Il suo più rilevante difetto era costituito dalla sua illegittimità.30 Pur avendo giurato fedeltà a Costanza, non appena Guglielmo II morì, Tancredi si ribellò e prese il controllo della Sicilia. Costanza ed Enrico VI furono costretti a ritirarsi in Germania, da cui lanciarono diversi attacchi nei confronti della Sicilia durante il regno di Tancredi.
Tancredi diventò il re illegittimo di Sicilia e fu incoronato dall’Arcivescovo Gualtiero di Palermo nel gennaio del 1190. Ruggero, conte di Andria, si oppose all’incoronazione di Tancredi e chiamò i Germani che erano ancora in Sicilia per aiutarlo ad opporsi al potere sovrano dello stesso Tancredi. La richiesta di sostegno di Ruggero cadde per lo più nel vuoto e l’alleato di Tancredi, Riccardo, conte di Acerra, riuscì rapidamente a consolidare l’autorità del nuovo re in Puglia, rintracciando Ruggero d’Andria ed uccidendolo. Alla fine, i nobili siciliani cominciarono a realizzare che fosse giunto il momento di radunarsi sotto Tancredi per unirsi contro un’invasione della Germania. Una forza germanica che invase il regno da Rieti fece ben poco contro le forze di Tancredi. Nel giugno 1190 il comune di Napoli era già disposto ad accettare il potere sovrano di Tancredi. Altri gruppi simili potrebbero aver capito che fosse in loro favore unirsi sotto la monarchia piuttosto che continuare a perseguire i loro specifici programmi, una strategia che avrebbe fatto il gioco della Germania.31 Il regno di Tancredi fu impantanato nel conflitto in corso tra lui e sua zia, così come Riccardo I (Cuor di Leone) d’Inghilterra e Filippo Augusto di Francia attraversarono la Sicilia nel loro cammino verso la Terza Crociata, anche Guglielmo II aveva pianificato di farne parte. Durante il passaggio in Sicilia, Riccardo chiese che sua sorella Giovanna, la vedova di Guglielmo II, fosse liberata. Tancredi aveva fatto imprigionare Giovanna dopo aver preso il trono, strappandole la sua dote. Riccardo chiese inoltre a Tancredi di mantenere gli impegni finanziari che suo cugino Guglielmo aveva preso per la Crociata. Quando Tancredi rifiutò, Riccardo sequestrò un monastero ed il castello di La Bagnara. Una volta che Re Filippo II fu arrivato in Sicilia, i disordini civili iniziarono a crescere fino ad una rivolta contro i governanti di Messina, a cui Riccardo rispose attaccando la stessa città, conquistandola e passandovi l’inverno. A causa di ciò, Tancredi fu costretto a firmare un trattato con Riccardo nel marzo del 1191, che incluse la liberazione della sorella di Riccardo e la restituzione della sua dote, nonché la richiesta a Riccardo e Filippo di riconoscere Tancredi come legittimo re di Sicilia. Oltre a questi due accordi, Tancredi promise anche in sposa sua figlia al nipote di Riccardo, Arturo di Britannia (erede di Riccardo) quando questi fosse stato abbastanza grande per contrarre matrimonio.
Dopo che Riccardo e Filippo lasciarono la Sicilia per giungere in Terrasanta, l’attenzione si volse presto verso il conflitto tra Tancredi e Costanza, che nell’aprile 1191 fu incoronata imperatrice di Roma, in quanto moglie di Enrico VI. Dopo essere stati incoronati imperatore ed imperatrice da Papa Celestino III, Enrico e Costanza cercarono di reclamare il trono di Sicilia. Il loro primo tentativo si rivelò abbastanza di successo, fino a quando l’esercito imperiale soccombette alla malaria e alle malattie, costringendo Enrico VI a ritirarsi dall’isola. Tuttavia, Enrico VI fece rimanere Costanza a Salerno con una piccola guarnigione, lasciando intendere che avrebbe fatto ritorno. Dopo che l’imperatore si fu ritirato completamente, le città che aveva preso dichiararono nuovamente la propria fedeltà a Tancredi, per pausa di una punizione e Salerno consegnò Costanza a Tancredi per ottenere il suo favore. Tancredi fece rinchiudere sua zia nel Castello dell’Ovo a Napoli nella speranza di costringere Enrico a negoziare la pace in cambio di un ritorno sicuro della moglie. Tuttavia, Tancredi la lasciò andare in cambio della legittimazione di Papa Celestino III, che lo riconobbe come re di Sicilia. Durante il viaggio di Costanza verso gli stati pontifici, i soldati di Enrico riuscirono a salvarla e a farla tornare sana e salva da suo marito. Dopo questa battuta d’arresto, Tancredi riconquistò le città che Enrico gli aveva strappato, soppresse i baroni pugliesi ribelli nel 1192 e 1193, e nominò il suo figlio maggiore Ruggero III co-re di Sicilia. Sfortunatamente, entrambi non sopravvissero a lungo. Due mesi dopo la morte di Ruggero III, Tancredi morì, il 20 febbraio 1194, a Palermo. L’unico figlio sopravvissuto di Tancredi, Guglielmo III, fu dunque incoronato re.
Guglielmo, tuttavia, era solo un bambino all’epoca. Per questo motivo sua madre, Sibilla di Acerra, stabilì una reggenza fin quando il figlio non fosse stato grande abbastanza per governare. Ciò non durò a lungo perché Enrico VI, che stava pianificando il suo ritorno in Sicilia da molto prima della morte di Tancredi, riuscì finalmente a riconquistare il regno. Sibilla, temendo per le sorti della sua famiglia, accettò l’offerta di Enrico che consentiva a Guglielmo di conservare la contea di Lecce, territorio di origine del padre, ed anche il principato di Taranto. Tuttavia, quattro giorni più tardi che Enrico fosse incoronato re di Sicilia, venne a conoscenza di una presunta cospirazione e arrestò tutti coloro che gli si potessero opporre, li mandò in Germania - compresi Guglielmo e la sua famiglia. Sebbene sua madre e le sue sorelle siano state alla fine rilasciate ed abbiano vissuto in incognito in Francia per il resto dei loro giorni, non si sa molto sul destino di Gugliemo III. Si dice che fosse stato accecato o castrato, o entrambe le cose. Altre teorie suggeriscono che morì in cattività, che fu rilasciato e divenne monaco o che ritornò in Sicilia sotto lo pseudonimo di Tancredi Palamara, giustiziato poi dal figlio di Enrico, l’Imperatore Federico II, nel 1232. Nonostante tutte queste teorie, tuttavia, la maggior parte degli storici fa riferimento a diverse lettere di Papa Celestino III che affermano che Guglielmo III morì nell’anno 1198, data generalmente accettata.
[Continuato da Richard DeVivo]
La conquista normanna ed il successivo dominio dell’Italia meridionale furono compiuti attraverso l’astuta ambizione, la lotta e l’adattamento. Fu l’ambizione dei molti figli di Tancredi d’Altavilla, unita allo spirito d’avventura normanno, a spingere i membri della Casa d’Altavilla dalle loro modeste origini di mercenari ribelli al ruolo di conquistatori e poi di sovrani. Ogni generazione e governante contribuì grandemente alla coltivazione del potere della regione in modi differenti. Dalle fredde coste della Normandia, i guerrieri Ruggero I e Roberto il Guiscardo portarono la loro astuzia militare ed il loro sogno di terre più prospere. Nato in Italia, Ruggero II e la sua progenie costituirono una nuova discendenza di governanti normanni, focalizzata sulla consolidazione del potere e della ricchezza, che abbracciò il regno multiculturale sotto il suo dominio. Sebbene il dominio dei Normanni sulla Sicilia ebbe fine in uno stato di tumulo, il loro impatto culturale, il progresso della regione ed il loro contributo storico risultano ancora oggi palpabili.
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Hubert Houben, Roger II of Sicily: A Ruler Between East and West (Cambridge, Eng.: Cambridge University Press, 2002), 8-9. ↩︎
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Ibid., 10. ↩︎
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Norwich, The Normans, 69. ↩︎
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Ibid., 75. ↩︎
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Ibid., 107. ↩︎
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Ibid., 127. ↩︎
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Ibid., 142. ↩︎
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Ibid., 189. ↩︎
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Ibid., 184. ↩︎
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Ibid., 190. ↩︎
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Ibid., 191. ↩︎
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G. A. Loud, Roger II and the Creation of the Kingdom of Sicily (Manchester: Manchester University Press, 2017), 4. ↩︎
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Ibid., 5. ↩︎
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Ibid., 21. ↩︎
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Dawn Marie Hayes, Roger II of Sicily: Family, Faith, and Empire in the Medieval Mediterranean World (Turnhout: Brepols, 2020), 42. ↩︎
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Ibid., 35. ↩︎
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Houben, Roger II of Sicily, 98-100. ↩︎
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Ibid., 150. ↩︎
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Ibid., 157. ↩︎
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Ibid., 135-40. ↩︎
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Loud, Roger II. ↩︎
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Ibid. ↩︎
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Houben, Roger II of Sicily, 168. ↩︎
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Ibid., 168-70. ↩︎
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Ibid., 171. ↩︎
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Ibid., 172. ↩︎
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Ibid., 168. ↩︎
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Ibid., 180. ↩︎
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Ibid., 172-74. ↩︎
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Donald Matthew, The Norman Kingdom of Sicily (Cambridge, Eng. and New York: Cambridge University Press, 2004), 286. ↩︎
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Ibid., 287. ↩︎