Il mondo che i Normanni trovarono

di Masud Ahmed, Fathia Balgahoom, Kenneth Gutierrez e Jonathan Hoffman

L’Italia Meridionale, nei secoli precedenti all’invasione normanna, era un luogo polarizzante. In tutto il Mezzogiorno abitavano diverse comunità con identità distinte. Daremo un’occhiata più da vicino a tre tra le più importanti comunità dell’Italia Meridionale nel periodo precedente alla conquista normanna della regione. Si tratta dei Longobardi, dei Bizantini e dei Musulmani, i quali giocarono un ruolo fondamentale nel plasmare il sud Italia, che i normanni avrebbero invaso ed unificato.

Osserveremo l’Italia Meridionale e la sua natura autonoma dal VI secolo al momento in cui i Normanni imposero la loro autorità sulla regione alla fine dell’XI secolo. Molti credevano che questa regione fosse sottosviluppata e non sfruttata, cosa in realtà non vera. Nel Meridione, dopo l’invasione dei Longobardi, il potere sarebbe stato diviso in aree appartenenti ai Bizantini e ai Longobardi del sud. La conquista musulmana della Sicilia nel IX secolo avrebbe avuto un grande impatto simile a quello che ebbero Bizantini e Longobardi nel plasmare l’Italia che i Normanni sarebbero andati a conquistare. 1

Longobardi e Sicilia meridionale

I Longobardi furono un popolo germanico che si stanziò in Italia meridionale dal VI secolo. La loro invasione della regione iniziò nel 568 e in alcuni decenni crearono un regno forte nei territori a nord del fiume Po, in Toscana, e nei due ducati di Spoleto e Benevento. Il maggiore rivale dei Longobardi in Italia meridionale al tempo della loro invasione erano i Bizantini, che avevano già investito molto nella regione. Si sarebbero susseguite alcune tensioni tra le due regioni autonome ma dal 680 l’Impero Bizantino concluse un trattato con i Longobardi, che sembra aver comportato un riconoscimento formale della loro presenza nella regione. Nel corso dell’VIII e del IX secolo i Longobardi si sarebbero concentrati sul mantenere il controllo del territorio del sud Italia. Conflitti interni avrebbero rappresentato una minaccia al loro potere e si verificò una guerra civile tra fazioni nel IX secolo, a Benevento e Salerno. Il conflitto avrebbe continuato a modellare l’Italia meridionale in quanto aveva un legame diretto con l’incremento del numero di Musulmani nella regione durante il IX secolo. Entrambe le parti impiegarono mercenari arabi e li assunsero per combattere durante la guerra civile. Si diffuse la voce del loro lavoro nel sud Italia a causa del conflitto e ne conseguì un aumento della popolazione araba. Questa fu una delle più importanti conseguenze delle aperte ostilità.

Luigi II, re d’Italia e Imperatore del Sacro Romano Impero, si interessò molto al conflitto a causa della sua attrazione per i mercenari arabi. Molto probabilmente, altrimenti, non avrebbe mai prestato attenzione a questo conflitto. Nell’anno 849 Luigi contribuì a porre fine al conflitto dividendo il ducato longobardo in due parti, stabilendo un certo grado di stabilità.2 La fine del conflitto fece arrestare la domanda di mercenari arabi.

La fine della guerra civile procurò un futuro migliore alla regione. I Bizantini avevano perso interesse per l’italia meridionale e le due fazioni precedentemente in guerra furono soddisfatte. Per un breve periodo di tempo, i Longobardi avevano apparentemente il controllo della maggior parte del sud Italia. Sfortunatamente per i Longobardi di Benevento, tuttavia, i Bizantini avevano riscoperto il loro interesse per i territori una volta controllati in Italia meridionale. Tra la fine del IX secolo e l’inizio del X, si susseguirono dei conflitti e i Longobardi iniziarono a cedere territorio ai Bizantini.

Dagli inizi del X secolo, Benevento sarebbe diventata Capua-Benevento e avrebbe agito come singola entità. La neonata unità di Capua-Benevento ebbe difficoltà a resistere ai Bizantini. Salerno, dall’altro lato, sembrò trarre beneficio dal conflitto. Come nel caso dei Bizantini, con le loro campagne per riconquistare i loro antichi territori a Capua-Benevento, Salerno fiorì. Risulta interessante notare che sia Salerno che Capua-Benevento riuscirono a mantenere stabili governi durante questo periodo, anche se molte elezioni furono truccate per garantire che i Longobardi mantenessero il potere.

Dal VI secolo fino all’inizio dell’XI secolo i Longobardi esercitarono un potere significativo nel Meridione ed influenzarono fortemente la regione che i Normanni su cui i Normanni avrebbero, alla fine, preso il sopravvento. Salerno era una città ben legata alle strutture tradizionali e rimase una città prospera come feudo dell’Italia meridionale con l’Imperatore Ottone I. I Longobardi avevano il loro sistema di leggi; infatti, il Sud Italia vantava uno dei più evoluti sistemi legali - oltre al diritto romano. Infine, le terre governate dai Longobardi erano politicamente sane e rappresentavano alcune delle regioni autonome più forti dell’Italia meridionale alla vigilia dell’arrivo dei Normanni.

La fine del dominio longobardo nel sud Italia si tradusse nella fine del governo autonomo della regione. Nell’XI secolo, i Normanni arrivarono e iniziarono a prendere il sopravvento in Italia meridionale. Quando i normanni presero il principato di Salerno, diedero fine all’ultimo caposaldo longobardo e al governo autonomo delle regioni.

Sicilia bizantina e Sud Italia

La presa dell’Italia da parte di Bisanzio si rafforzò durante il VII, VIII e IX secolo. I Bizantini dovettero ristrutturare il loro controllo sui restanti possedimenti nella penisola italiana dopo l’invasione longobarda della regione. Gli anni tra l'876 e il 1000 furono turbolenti a causa di problemi di successione ed incursioni dei musulmani, che aggravarono internamente le divisioni. Questo condusse alla caduta della Sicilia bizantina poiché l’isola divenne dominazione dei governanti musulmani, legati all’Africa Settentrionale. Il caos, che persistette nella maggior parte dell’Italia, culminò con l’arrivo dei Normanni. L’effetto della Conquista Normanna dell’Italia bizantina portò alla separazione dal cuore bizantino. Ciò portò al definitivo declino della cultura bizantina e della sua influenza in Italia.

Alla fine del VII secolo, le regioni bizantine dell’Italia avevano attraversato un intero secolo di tumulti. In seguito alle invasioni longobarde, i Bizantini militarizzarono i loro territori rimasti, rivolgendo le terre all’ambito militare e consegnandole all’Esarca di Ravenna ed ai suoi duchi. Ciò fu realizzato a livello locale e regionale, con la fase finale costituita dall’istituzione di roccaforti militari. 3 Con l’inclusione di clerici e artisti orientali in tutto il regno d’Italia, piuttosto che solo a Roma, l’influenza bizantina crebbe dopo che i Longobardi furono formalmente riconosciuti nel 680. Otto dei nove pontefici che sedettero in San Pietro tra il 676 e il 715 furono greci, siriani o siciliani. L’imperatore cercò l’aiuto del papa poiché da costui dipendeva la stabilità politica e religiosa. Poiché ciò significava autorità imperiale a Roma, Roma godette di ulteriore prestigio grazie a questa associazione. La resistenza contro i Longobardi ebbe successo e fu ottenuta ponendo il potere nelle mani delle élite locali delle unità di guarnigione imperiali. Le minacce degli Arabi, dei Bulgari e degli Slavi indebolirono l’impero, rendendo il ruolo degli esarchi imperiali meno importante. La conversione dei Longobardi da barbari e cattolici romanizzati indebolì la fedeltà all’impero. 4

Il Ducato di Napoli includeva le coste della Baia di Napoli e le isole, così come l’entroterra, Terra di Lavoro e le città di Sorrento, Amalfi e Gaeta. Le sue istituzioni seguivano il modello tradizionale italiano, con potere e ricchezza concentrati in capo ad un’élite a base militare. La fedeltà di Napoli all’impero era più solida rispetto a quella delle province settentrionali. La necessità dell’aiuto imperiale era dovuta ai suoi rapporti marittimi con l’oriente e al bisogno di protezione imperiale contro la minaccia, sempre presente, dei Longobardi di Benevento. La caduta di Ravenna nel 751 ebbe un limitato impatto sul ducato poiché era caduto sotto l’autorità degli strateghi della Sicilia. L’invasione araba della Sicilia nell'827 fu il punto di svolta nel distaccamento di Napoli dall’impero. Nell'835, il Duca Andrea impiegò mercenari musulmani per combattere il Principe Sicardo di Benevento (833-839), e nell'842 e 843 aiutò i Musulmani nella presa di Messina, strappata all’impero. Questa alleanza rafforzò Napoli, permettendole di firmare un trattato cruciale con i Longobardi nell'836. Successivamente, per prevenire attacchi dalle roccaforti musulmane come quella di Taranto, i napoletani consolidarono le loro relazioni con i Saraceni. La presenza culturale ed economica di Bisanzio era enorme, secondo le fonti, e includeva l’importazione di ceramica orientale. Gaeta crebbe di importanza come sede di comunicazione con il Nord. Occasionalmente operò in modo indipendente da Napoli e fu obbligata a cambiare le sue politiche nei confronti dei Musulmani. Al Sud si trovava la città non romana di Amalfi, che era popolata da rifugiati longobardi. Essa costituì una base navale dall’VIII secolo, e fu utilizzata nelle guerre contro Longobardi, Franchi ed Arabi. Dopo un’incursione del Principe Sicardo di Benevento nell'839, Amalfi ottenne l’indipendenza da Napoli sotto i suoi stessi capi. Nonostante il fatto che il versante greco non fosse forte come quello di Napoli e che la sua politica estera fosse indipendente dall’impero, le sue relazioni commerciali con l’oriente divennero sempre più importanti. 5

‘Calabria’ era il nome dato ad una provincia civile tardo romana che confinava con la Terra d’Otranto. Il territorio imperiale affrontò una crisi nella metà del VII secolo, con la dispersione e la disgregazione del governo civile quando i duchi di Benevento si impadronirono di vaste regioni. Tutto ciò ad una riorganizzazione istituzionale nella fine del VII secolo. A causa dell’immigrazione dalla Grecia e dalla Sicilia, questo periodo segnò una svolta nell’ellenizzazione di entrambe le aree. Dalla storia scritta, poco si sa del ducato durante questo periodo di tempo. La posizione del ducato divenne più chiara solo dopo che Niceforo Il Foca conquistò la Calabria longobarda nell'885-886. 6

In contrasto con lo sconvolgimento evidente nella maggior parte delle aree bizantine della penisola italiana, la Sicilia occupò una posizione preminente all’interno dei piani imperiali a partire dal VII secolo. L’isola siciliana venne alla ribalta come base navale per contrastare le avanzate musulmane provenienti dal Nord Africa. Intorno al 690, Giustiniano III entrò nel programma di Giustiniano. I suoi strateghi vennero a governare sui territori imperiali dell’Italia meridionale e, dopo la caduta del governo degli esarchi nel 751, egli divenne una figura chiave nelle negoziazioni con i Franchi, i Longobardi ed il papato. L’influsso di ufficiali e soldati orientali velocizzò il processo di ellenizzazione. L’imperatore Leone III fu in grado di aumentare l’importanza economica, politica e militare dell’isola. La Sicilia era una delle regioni trasferite all’autorità patriarcale di Costantinopoli. A causa di ciò, gli elementi latini sparirono e il processo di ellenizzazione si rinforzò. Tuttavia, nell'VIII secolo, i disordini erano in aumento. Una ragione di ciò fu la recessione dell’economia. Il crescente numero di incursioni arabe ebbe un impatto dannoso sulla prosperità dell’isola.7

La Sicilia, a differenza delle sue controparti continentali come Ravenna, Roma e Napoli, mancava di una base di potere centrale e di una élite militare indipendente. Di conseguenza, la risposta della popolazione agli sconvolgimenti degli anni attorno all'820 fu varia e, per alcuni aspetti, passiva. Un esercito in gran parte arabo sbarcò nel porto occidentale di Mazara nel giugno dell'827 e subito dopo sconfisse lo stratega bizantino Platone. Dopo aver conquistato Palermo nell'831, Cefalù nell'857 ed Enna nell'859, gli Arabi espansero gradualmente la loro influenza sull’isola. La disgrazia critica si verificò quando la capitale Siracusa crollò dopo un assedio di nove mesi, e la popolazione della città fu massacrata. 8

Lo status di Bisanzio in Italia era cambiato drammaticamente nel corso dei due secoli, da una posizione precaria nel 680 all’orlo di una nuova era di potere ed influenza alla fine del IX secolo. Il ruolo imperiale tradizionale funzionava solo con l’ausilio di un meccanismo coerente di ellenizzazione della Sicilia e dei relativi ducati di Calabria e Otranto. Tuttavia, in ogni regione, gli sviluppi furono modellati da una decentralizzazione che iniziò nel VII secolo, e le pratiche ed istituzioni distintive, più spesso romane che strettamente bizantine, rimasero influenti. La distruzione causata dalle incursioni arabe e dai fallimenti politici e militari dei Franchi, rafforzarono lo status di Bisanzio. La riconquista della maggior parte del territorio longobardo in Puglia, Calabria e Lucania, incluse Bari e Taranto, riprese nell'876 e nell'880, quando iniziò un nuovo periodo di dominazione bizantina nel Sud Italia. 9

Attorno all’anno 900, si registrò un decisivo cambiamento in termini di sicurezza e indipendenza del Mezzogiorno dalle potenze esterne. Questa transizione ebbe luogo per tre principali motivazioni. La rinascita dell’influenza bizantina nel tardo IX secolo, sotto il governatorato di Niceforo Il Foca intorno all'880, fu la più notevole. I Bizantini avevano riconquistato la maggior parte della Calabria settentrionale e consolidato il loro controllo nella Puglia meridionale. La seconda ragione fu che le aree dell’Italia meridionale non sotto il governo di Bisanzio erano più stabili. La terza che, successivamente alla conquista araba di Taormina - la più grande roccaforte bizantina in Sicilia, nel 902 - il leader arabo Ibrahim ‘Abd-Allah morì, ponendo fine a qualsiasi avanzata araba in Sicilia. Il sistema dell’Italia settentrionale rimase largamente in uno stato di equilibrio dal 900 in poi. Il problema principale per il governo bizantino in Calabria e Puglia dopo il 915 fu la disillusione locale.10 Mentre c’erano avanzate e passi indietro tra Bizantini e Longobardi, i Bizantini furono in grado di mantenere la maggior parte del territorio che avevano bonificato negli anni attorno all'880. Diversamente dalle autonome fazioni nel Sud Italia, Bisanzio era il potere dominante. Avevano preoccupazioni più urgenti in Asia Minore, dunque la protezione dei loro possedimenti italiani fu lasciata ai locali. Poiché né i Longobardi né i Bizantini riuscirono ad effettuare invasioni permanenti, il Sud rimase per lo più fermo. 11

Amalfi, Napoli e Gaeta, i tre ducati al largo della costa occidentale, erano molto diversi dai territori longobardi. Le economie di questi tre ducati erano basate sul commercio. Amalfi era la più influente delle tre città costiere del Meridione. Nel IX e agli inizi del X secolo, si astennero dal confronto militare con gli Arabi poiché il commercio era molto importante per loro. In certe occasioni, aiutarono anche gli Arabi. A causa della loro prossimità ai territori longobardi, questi tre territori erano quasi sempre sotto il patrocinio dell’Impero Bizantino.12 Negli anni 980 e 990 gli attacchi arabi ricominciarono. Queste incursioni musulmane raggiunsero la Puglia. Secondo la leggenda, il Principe Guaimario III accolse un gruppo di pellegrini dalla Normandia dopo questa serie di incursioni. Egli gli consentì di restare poiché fu impressionato dalla loro prodezza militare, e questo segnò l’inizio della presenza normanna nel Meridione d’Italia.13

I Normanni lasciarono molte delle infrastrutture bizantine quando conquistarono per la prima volta l’Italia meridionale. Alle chiese greche fu permesso di continuare le loro attività religiose. Nei territori, i Normanni incontrarono un’Italia bizantina con una combinazione di influenze latine e bizantine. L’influsso dei nuovi arrivati dal nord in Calabria e Sicilia ebbe un effetto più dirompente nel Sud Italia, cosicché le influenze elleniche furono gradualmente soffocate. La fine delle relazioni tra Italia bizantina e il cuore bizantino danneggiò la cultura bizantina. Questo si verificò gradualmente perché i Normanni non avevano una strategia per sradicare l’influenza bizantina; piuttosto, ciò avvenne come conseguenza della loro invasione.14

La Sicilia islamica

Dopo la morte del profeta Maometto nel 632, l’umma musulmana iniziò la sua campagna per diffondere sia il messaggio dell’Islam che per conquistare terre. Nel 731, gli Arabi avevano raggiunto con successo la penisola iberica spostandosi verso ovest dall’Egitto attraverso il Maghreb e conquistando gran parte del territorio. A questo punto, gli Arabi controllavano la maggior parte del Nord Africa, se non addirittura tutto. Verso gli inizi del IX secolo (III secolo islamico), tutte le terre conquistate furono unite e diventarono un impero sotto un’autorità unica, universalmente accettata. Mentre ogni terra era ancora governata dai suoi singoli governanti, tutti avevano concordato di servire il califfo e ogni decisione importante, inclusa la guerra, doveva ricevere prima la sua benedizione. Tuttavia, la nazione islamica o umma era sia politicamente che religiosamente divisa con molti che consideravano il califfo a Baghdad non più il legittimo sovrano.15 Questo causò la divisione e la separazione dell’umma in base alle proprie credenze religiose interne. Da ultimo, questo portò molti di questi territori a nominare i propri califfi e a giurare fedeltà a loro piuttosto che a quello di Baghdad.

Verso l’invasione

Nel Medioevo, dall’VIII al XII secolo, la Sicilia era vista come un ambito possesso dell’Islam e non era estranea ad invasioni e conquiste. La sua posizione nel Mar Mediterraneo era vista come strategica e fu ricercata da molte civiltà durante il periodo classico ed il Medioevo. Durante il IX secolo, gli Aghlabidi (una dinastia di principi arabi che governavano la provincia dell’Ifriqiya) gettarono lo sguardo sulla Sicilia. Durante questo periodo, la provincia governata dagli Aghlabidi incontrò una serie di problemi domestici, inclusa una violenta insurrezione.16 Nonostante questa insurrezione fosse stata repressa dai principi, questa creò un sentimento di residuale risentimento verso i regnanti tra le fazioni dell’esercito. Di questo sentimento di crescente risentimento molti approfittarono, compresi i Berberi che sentivano come ci fossero delle evidenti disuguaglianze sociali ed economiche tra governanti e governati.

Nell'827 Ziyat Allah fu contattato da Eufemio, un ammiraglio canaglia nell’Impero Bizantino, che gli disse che le forze bizantine tenevano in ostaggio alcuni soldati arabi. Se questo fosse stato vero, avrebbe portato alla violazione del trattato di pace che Aghlabidi e Bizantini avevano sottoscritto. L’unico problema era che Ziyat Allah avrebbe dovuto aiutare Eufemio a rovesciare i suoi nemici all’interno delle forze bizantine. Una volta presentatagli questa idea, egli dovette tenere a mente la serie di problemi locali che gli si verificavano intorno, specialmente il sentimento di risentimento verso l’élite della società. Tuttavia capì che impegnarsi in una guerra con i bizantini avrebbe aiutato a spostare l’attenzione dalla sfilza di problemi interni in corso che lo riguardavano. Ziyat Allah capì anche che la Sicilia avrebbe portato a nuove eccitanti prospettive, tra le quali un rinnovato successo commerciale ed iniziative militari. Invadendo la Sicilia, avrebbe dato all’esercito un po’ di lavoro da fare e lo avrebbe tenuto lontano dalla ribellione che stava crescendo. Tenendo tutto questo a mente, Ziyat Allah decise di invadere l’isola.

L’invasione

La Sicilia era pesantemente presidiata e considerata un possedimento prezioso dai suoi governanti del tempo, dunque era comprensibile che l’invasione incontrasse una forte resistenza. Infatti, all’inizio, le forze musulmane persero la maggior parte delle battaglie che avevano combattuto. Tuttavia, quando entrarono in battaglia, furono in grado di ricucire le persistenti differenze, che portarono Costantinopoli ad inviare rinforzi per aiutare gli Arabi ad invadere la Sicilia. Senza questi rinforzi, la loro conquista non sarebbe stata soddisfacente come fu in realtà. In sintesi, il dissenso interno all’Impero Bizantino giocò un ruolo importante nella conquista araba della Sicilia. Durante l’invasione vi erano differenze decisamente visibili sia nell’indipendenza che nella leadership all’interno degli eserciti. Queste differenze avrebbero portato ad un rapporto teso tra i musulmani in Sicilia e quelli nell’Africa Settentrionale. La morte era spesso comune in queste conquiste e molti comandanti militari perirono in battaglia. Quando avveniva, l’esercito selezionava i loro successori, che non sempre erano graditi ai leader in Nord Africa. Questa pratica divenne un punto di contesa tra i due gruppi. Se un comandante militare era scelto e mandato dai leader dell’Africa, c’era la possibilità che questi venisse respinto, il che dimostra il crescente pensiero indipendente tra le truppe.

Durante l’invasione della Sicilia, le truppe musulmane riuscirono a conquistare territori che costituivano punti cruciali per l’Impero Bizantino, il che portò alla loro vittoria finale. La prima città chiave che i musulmani riuscirono a conquistare fu Palermo. La presa di Palermo portò alla costituzione di una capitale musulmana in Sicilia e la sua vicinanza all’oceano aiutò a diventare col tempo un centro urbano, insieme agli altri centri musulmani già presenti. Un’altra città chiave che i musulmani riuscirono a conquistare fu Castrogiovanni. Questa città era il luogo in cui si trovava il quartier generale bizantino. Una volta che fu catturata, le armate musulmane si spinsero verso est, in un percorso che portò, alla fine, alla caduta della Sicilia bizantina.

La Sicilia musulmana

Vi era un divario crescente tra i musulmani che vivevano in Sicilia e i governanti nella provincia di Ifriqiya. Molti gruppi provarono a trarre vantaggio da ciò, inclusi i Fatimidi. I Fatimidi erano un gruppo di sciiti che sosteneva di essere discendente da Fatima e Ali. Essi chiedevano riforme economiche, sociali e religiose e affrontarono le preoccupazioni relative al governo di Aghalbid.17 Comprendendo il clima politico in cui si trovavano, essi furono in grado di utilizzare la corruzione e gli abusi di potere degli Aghlabidi a loro vantaggio e a soffocare l’ultimo tentativo di riforma degli Aghlabidi.

Una volta che furono spinti al potere, i Fatamidi riuscirono a mantenere la conquista della jihad Aghlabida-Siciliana e ad usarla a loro vantaggio. Furono anche in grado di manipolare l’uso della jihad per soddisfare i loro interessi. Riuscirono in tre modi. Poiché i Fatamidi governavano un’area a maggioranza sunnita, essi erano abbastanza consapevoli da dare credito al califfo sunnita ogni volta che vi fosse una vittoria musulmana in Sicilia. Avevano anche lodato i musulmani siciliani e promesso di continuare a supportarli nella loro campagna in Sicilia. Questo fece sì che i musulmani siciliani fossero soddisfatti, il che permise ai Fatamidi di restare al potere. Alla fine fecero appello ai siciliani per la loro campagna anti-Aghlabidi. In tal modo, questo permise ai musulmani siciliani di vedere che i Fatimidi fossero oppositori dei precedenti governanti, il che aiutò i Fatamidi a stabilire un califfato sciita. Sebbene il loro governo non fosse illegittimo, esso ebbe un impatto sulla comunità musulmana siciliana, che in risposta tenne elezioni per selezionare i propri governanti.

Nel 912 i siciliani musulmani fecero ciò quando elessero Ibn Qurhub come loro governante. Ibn Qurhub fu inizialmente titubante nell’accettare la posizione di governo e lo fece solo quando ricevette pieno supporto sia dai Fatamidi che dagli Aghlabidi. Durante il suo governo, egli razziò le città città cristiane e creò anche tensioni tra i Fatamidi e gli Aghlabidi giurando fedeltà al califfo di Baghdad. Questo conflitto provocò la sua morte nel 914.

Durante il periodo Kalbid in Sicilia (948-1053), i Musulmani riuscirono a portare a termine una campagna di jihad e questo fornì una certa stabilità sociale e politica. Durante questo periodo ci sono prove di uno spostamento dell’attenzione da una campagna jihadista ad un sostegno attivo per la cultura e l’apprendimento. Questo è evidente dalle opere siciliane di giurisprudenza islamica che aiutarono a consolidare il legame dell’isola con il Nord Africa. Vi erano anche opere incentrate sulla lingua araba e sui suoi sottocampi, aprendo la possibilità agli studi linguistici. Ciò portò anche il campo della poesia ad entrare rapidamente.

Dopo questa crescita e questa stabilità iniziò un declino con il governo di Jafar Ibn Yusuf nel 1014. Durante il suo governo, il suo stesso fratello si ribellò con l’aiuto di schiavi e Berberi, il che portò all’espulsione di tutti i Berberi dall’isola. Circolavano voci di cattiva condotta intorno a Ibn Yusuf e, vedendo il caos che ne seguì durante questo regno, i principi Zirid decisero che fosse l’occasione per strappare il controllo ai Fatimidi.18 Sotto il loro regno, la Sicilia riuscì a prosperare ancora una volta. I principi Ziridi aiutarono a portare prestigio militare e politico sia in Sicilia che nella loro corte. Essi permisero inoltre una coesistenza e interdipendenza tra la provincia e la madrepatria, che non costituiva un’opzione per altri governi. Governando la Sicilia, diedero anche ampie opportunità di ricchezza in termini sia di terre che si risorse fornite. Questo aprì nuove strade e rotte commerciali che consentì di guadagnare più capitale.

Ultimi giorni di Sicilia araba

Gli Arabi contribuirono molto alla formazione della Sicilia e, grazie a loro, l’isola divenne potente a quel tempo. Gli Arabi vennero in Sicilia e, all’inizio, vi era una grande prosperità ed una relativamente pacifica convivenza con altre religioni e gruppi etnici. I Normanni iniziarono campagne di destabilizzazione e trassero vantaggio dalle crepe politiche che erano apparse nel mondo musulmano. Queste strategie ebbero un effetto squilibrante e gli facilitarono la conquista dell’isola durante i trent’anni di brutali campagne.

Gli Arabi portarono le loro innovazioni e la loro conoscenza in Sicilia e queste plasmarono un’era di prospera pace. L’isola fu completamente conquistata dagli Arabi nel IX secolo e, con l’eccezione degna di note della popolazione cristiana ortodossa nella parte nordorientale dell’isola, molti siciliani si convertirono all’Islam. Proprio come i Mori - gli Arabi che conquistarono la Spagna - essi introdussero una tradizione intellettuale in Sicilia.

La Sicilia sotto gli Arabi assistette ad una crescente influenza della cultura islamica, che proveniva da Qayrawān (una città dell’odierna Tunisia). Gli Arabi, che divennero la maggioranza in Sicilia, vollero diffondere la propria religione anche all’interno del popolo e del governo. Il loro controllo dei porti marini fu fondamentale per la comunicazione ed il commercio. Essi giocarono un ruolo vitale nella prosperità economica della Sicilia.

La divisione ed il risentimento tra cristiani e autorità musulmane sarebbero ritornati alla ribalta. Per prima cosa, i Bizantini fallirono molte volte nella riconquista della Sicilia, grazie a molte vittorie militari degli Arabi su di loro. Da ultimo, tuttavia, i cristiani divennero di nuovo la maggioranza ed i musulmani una comunità in declino. Le ostilità con l’Impero Bizantino erano dispendiose e ciò aiuta a capire perché l’isola riuscì ad essere conquistata di nuovo nell’XI secolo, questa volta da cristiani europei dell’occidente.

Gli Arabi musulmani che governarono in Sicilia per due secoli avrebbero perso il controllo dell’isola a causa di un gruppo di signori della guerra provenienti dalla Normandia. I Normanni erano abili soldati di religione cristiana e avrebbero promosso la diffusione della loro religione durante la presa di controllo delle rotte commerciali e le comunicazioni che erano state sotto il controllo musulmano. Quando i Normanni vennero a dominare l’isola, tuttavia, una popolazione musulmana di lingua araba sarebbe continuata ad esistere sull’isola fino al 1220, quando l’Imperatore Federico II la esiliò in una colonia a Lucera, nell'odierna Puglia.

Conclusioni

Ognuna delle tre società trattate in questo saggio ebbe un significativo impatto sulla Sicilia e sull’Italia meridionale prima dell’arrivo dei Normanni. I Longobardi riuscirono a creare una roccaforte sull’isola ed anche a vincere una guerra civile, seppur temporaneamente, che portò poi ad un ampliamento della popolazione araba nella regione. I Longobardi riuscirono inoltre a far fiorire alcune zone durante il loro controllo. I Bizantini, dall’altro lato, ebbero un enorme impatto sulla cultura siciliana, il che non dovrebbe sorprendere dato che governarono l’area per un lungo periodo di tempo. Uno dei più importanti rapporti creati al tempo fu quello tra Impero Bizantino e papato. Questo rapporto aiutò i Bizantini con le invasioni da parte di altri imperi, su cui il papa fu in grado di sviluppare una maggiore influenza. I Bizantini militarizzarono inoltre i loro territori - inclusa la Sicilia - creando un’isola molto più forte. Gli Arabi, poi, lasciarono un’importante eredità alla Sicilia portando con loro, tra le altre cose, un ricco patrimonio culturale ed intellettuale - una tradizione che incluse arte, architettura, poesia, lingua ed anche tecniche agricole, la popolazione musulmana, ma anche fiorenti studi di poesia e lingua.

In conclusione, quando i Normanni arrivarono in Sicilia e nel Sud Italia, ebbero la fortuna di poter attingere dall’esperienza e dalla conoscenza che erano venute prima di loro, mentre davano origine ad un nuovo stato in paesaggio diversificato e multiculturale.


  1. Thomas S. Brown, “Byzantine Italy (680-876),” in The Cambridge History of the Byzantine Empire C.500-1492, ed. Johnathan Shepard, 433–64 (Cambridge, Eng.: Cambridge University Press, 2008). ↩︎

  2. Barbara M. Kreutz, Before the Normans: Southern Italy in the Ninth and Tenth Centuries (Philadelphia, PA: University of Pennsylvania Press, 1996). ↩︎

  3. Brown, “Byzantine Italy,” 433. ↩︎

  4. Ibid., 436-37. ↩︎

  5. Ibid., 457-59. ↩︎

  6. Ibid., 459-60. ↩︎

  7. Ibid., 460-62. ↩︎

  8. Ibid., 462. ↩︎

  9. Ibid., 463-64. ↩︎

  10. Graham A. Loud, “Byzantium and Southern Italy (876-1000),” in The Cambridge History of the Byzantine Empire c.500-1492, (Cambridge, Eng.: Cambridge University Press, 2009): 560-63. ↩︎

  11. Ibid., 564-66. ↩︎

  12. Ibid., 577-79. ↩︎

  13. Ibid.," 581-82. ↩︎

  14. Graham A. Loud, "Byzantine Italy and the Normans," Byzantinische Forschungen 13 (1988): 215-33. ↩︎

  15. William Granara, Narrating Muslim Sicily: War and Peace in the Medieval Mediterranean World (London: I. B. Tauris, 2019), pp. 4-5. ↩︎

  16. Ibid., p. 5. ↩︎

  17. Ibid., p. 15. ↩︎

  18. Ibid., p. 30. ↩︎